L'Ogigia di Ulisse – La leggenda di Ulisse e Calipso
Calipso, dea della bellezza, del silenzio e della pace, sulla sua Magica isola per sette anni trattenne Ulisse in una grotta, si innamorò di lui e alla fine lo lasciò partire in seguito a un ordine di Zeus. Secondo molti ricercatori, proprio l'isola di Meleda fu l'isola di Ogigia di Calipso.
“...laddove tutto fu creato dalla grazia della natura meglio che dall’arte umana”
(Mavro Vetranović)

Al ritorno dell'eroe greco Ulisse dopo molti anni di avventure e vagabondaggi per mari, tra l'altro subì anche un naufragio, dopo di che il mare lo gettò sull'isola incantata di Ogigia, regno della bella ninfa Calipso.

“Per nove dì mi trabalzava il fiotto,
E la decima notte i dèi sul lido
Mi gettâr dell'Ogigia isola, dove
Calipso alberga, la divina ninfa,
Che raccoglieami amica, e in molte guise
Mi confortava.”

Odissea, XII, 582–587

In quel luogo il grande e saggio guerriero fu sconfitto dai fascini della dea irresistibile e dalle bellezze della sua isola, per la quale una leggenda dice:
“fu l'isola più bella di tutti i mari e oceani”

Perché la descrizione epica di bellezze, dolci insenature, caverne cristalline e spiagge dell'isola mitica di Ogigiga corrispondono alle bellezze uniche dell'isola di Meleda, delle quali non si può vantare nessun'altra isola del Mediterraneo. Secondo il mito greco, Calipso, figlia di Atlante, che visse sull'isola leggendaria di Ogigia, tenne Ulisse con sé convincendolo che lo avrebbe fatto diventare giovane per sempre e immortale a condizione che si sposasse con lei.

“Ei nell'isola intanto, ove Calipso
In cave grotte ripugnante il tiene,
Giorni oziosi e travagliosi mena;
E del tornare alla sua patria è nulla…”

Odissea, V, 17–20

Da questa relazione mitica nacquero anche i gemelli Nausinoo e Nausitoo. Il Raguseo Aristid Vučetić sosteneva che proprio l'isola di Meleda fosse l'isola di Ogigia di Calipso. Lo ritenne perché Meleda è l'unica tra le isole dalmate più meridionali con una caverna che per sue caratteristiche corrisponde alla dimora della ninfa Calipso. Nel suo libro sul tema di vagabondaggio di Ulisse lungo la costa croata Vučetić cerca di dimostrare che proprio Meleda fu l'isola magica. “Molti luoghi dell'isola di Meleda portano il nome di ‘baba’ (vecchia donna). Anche il paese più grande situato nel centro dell'isola di Meleda si chiama Babino Polje... I nomi odierni contenenti la parola ‘baba’ poterono nascere perché la ninfa Calipso fosse vissuta sull'isola fino all'età avanzata, per cui gli abitanti di Meleda chiamarono il suo podere – la proprietà della vecchia. Fino ad oggi tra gli abitanti di Meleda esiste una leggenda secondo la quale nei tempi antichi la proprietaria dell'intera isola fu una vecchia donna che visse una vita da regina, quindi la famosa Calipso”.

Secondo Omero, Ogigia fu un'isola magica dai boschi verdi, e l'isola di Meleda è senza dubbio la prima isola degna di tale nome. La descrizione di Omero dice così:
“Volvean quattro bei fonti acque d'argento,
Tra sé vicini prima, e poi divisi
L'un dall'altro e fuggenti...”

Odissea, V, 92–94

E davvero, sull'isola di Meleda esistono quattro sorgenti, che mai si prosciugano: la sorgente nei pressi di Polače è orientato verso nord, il sorgente a Vrbovica vicino a Goveđare scorre verso sud, la sorgente Vilinsko vrelo vicino a Kneževo polje verso ovest, e Vodice vicino a Babino Polje verso est...
Aristid Vučetić scrisse: “Nel mare aperto verso sud, nella zona che gli abitanti chiamano Pelag (greco pelagos) si trova un isolotto inabitato: lo scoglio/la roccia Ogiran, cui nome è l'unico resto di Ogigia di Omero. Nelle lingue indoeuropee la parola “ogiran” non ha alcun significato, per cui è logico che derivi dal nome originario dell'isola di Meleda – Ogigia, nel corso del tempo dimenticato e deformato.”

Anche una vecchia leggenda insulare indica che Ulisse si sbarcò sullo scoglio Ogiran, a un miglio dalla costa meridionale di Meleda, che originariamente si chiama Ogigia. Vicino allo scoglio Ogiran, sulla terraferma si trova anche la Grotta di Ulisse (dal popolo chiamata anche la caverna), verso la quale Ulisse nuotò e vi se nascose... Comunque, secondo Vučetić, la ninfa Calipso visse in un'altra grotta più grande, cioè la grotta Galičnjak (al di sopra di Okuklje), dalla parte nordorientale dell'isola. Dopo il naufragio nelle acque di Scilla e Cariddi, cioè tra i nostri Veliki e Mali Vratnik, Ulisse fu l'unico a sopravvivere. Con le ultime forze passò il Canale di Meleda nuotando e giunse all'Ogigia, isola di Calipso. Il mare lo portava verso la costa, nell'insenatura Okuklja, dove giaceva svenuto fino a quando lo videro gli abitanti, cui padrona fu Calipso. Lei ordinò che lo portassero nella grande grotta Galičnjak, dove lo curava e visse con lui per più anni, impedendogli di andarsene dalla sua isola.

“Selva ognor verde l'incavato speco
Cingeva: i pioppi vi cresceano e gli alni
E gli spiranti odor bruni cipressi:   
E tra i lor rami fabbricato il nido
S'aveano augelli dalle lunghe penne,
Il gufo, lo sparviere e la loquace
Delle rive del mar cornacchia amica.
Giovane vite di purpurei grappi
S'ornava e tutto rivestìa lo speco.”

Odissea, V, 83–91

“...e di vïole
Ricca si dispiegava in ogni dove
De' molli prati l'immortal verzura”

Odissea, V, 94–96

Le piante e gli uccelli menzionati da Omero si possono trovare ancor'oggi sull'isola di Meleda.
Dopo alcuni anni gli dei dell’Olimpo, cioè Zeus, ordinarono a Calipso di lasciar Ulisse andare a sua casa, a Itaca, dove gli aspettavano la moglie e il figlio. Benché questo non piacesse a Calipso, ordinò ai suoi servitori di costruire una barca con la quale Ulisse sarebbe partito per Grecia.

“Se il comandò l'Egidarmato, i campi
Non seminati. Io nol rimando certo;
Ché navi a me non sono e non compagni,
Che del mare il carreggino sul tergo.
Ben sovverrógli di consiglio, e il modo
Gli additerò, che alla sua dolce terra
Su i perigliosi flutti ei giunga illeso.”

Odissea, V, 179–185

Secondo Vučetić, la barca fu costruita nell'odierna insenatura Saplunara (dalla parte sudorientale dell'isola), e le sue vele furono fatte di canapa. Calipso procurò a Ulisse gli alimenti e il vino per il viaggio, e gli accompagnò a malincuore nell'insenatura di Saplunara. Quando finalmente abbandonò Ogigia, Ulisse navigava verso sud-oriente accompagnato dal maestrale, verso la terra dei Feaci e poi verso la sua patria Itaca... Navigava per lo più di notte, sotto il cielo stellato, che gli mostravano la rotta:

 “Lieto l'eroe dell'innocente vento,
La vela dispiegò. Quindi al timone
Sedendo, il corso dirigea con arte,
Né gli cadea su le palpèbre il sonno
Mentre attento le Pleiadi mirava,
E il tardo a tramontar Boòte e l'Orsa
Che detta è pure il Carro, e là si gira,
Guardando sempre in Orïone, e sola
Nel liquido Oceàn sdegna lavarsi
L'Orsa, che Ulisse, navigando, a manca
Lasciar dovea, come la diva ingiunse.”

Odissea, V, 345–355

Vučetić poi afferma che proprio le stelle, che mostrarono la rotta a Ulisse nel suo viaggio da Meleda a Itaca, sono un'altra prova del suo soggiorno sull'isola di Meleda. Cioè, la costellazione di Orione serviva a Ulisse come indicatore nel mare aperto sino a Corfù, come anche l'Orsa Maggiore, sempre dalla sua parte sinistra. Secondo Vučetić, d'autunno, cioè nel periodo in cui Ulisse viaggiava, le stelle furono disposte proprio così, e la costellazione dell’Orsa Maggiore fu visibile durante tutta la notte, il che oggi non è più possibile. Numerosi studiosi si impegnavano di scoprire quest'isola misteriosa, e la maggior parte di essi riteneva che si trattasse di Malta. Comunque, nessun’isola, neanche Malta, non corrispondeva alla descrizione creata qualche millennio fa dal cieco poeta ellenico. Alla fine gli storici si misero d'accordo che esiste solo un'isola del Mediterraneo degna di essere chiamata l'isola di Calipso, perché secondo una fonte, quest'isola si trova nell'Adriatico, e quindi si tratta dell'isola di Meleda.

Come conferma dell’ipotesi che Meleda viene menzionata nei toponimi Melita e Ogigija Vučetić elenca i seguenti dati:

1) Nel Periplo dello Pseudo-Scilace nella descrizione delle isole dell'Adriatico viene indicato il seguente: “la distanza da Kerkyra Melaina all'isola di Melita è di 120 stadi (18 chilometri”, per cui questi dati senza dubbio si riferiscono a Meleda, e non a Malta!

2) Apollonio Rodio (Le Argonautiche IV 568–573) scrisse: “Nelle vicinanze di Kerkyra Melaina sull'isola di Melita soggiorna la regina Calipso, figlia di Atlante (“Kalipsa Atlantis”), per cui in base a queste prove il primo nome di Meleda fu Ogygie nel tempo di Ulisse e Omero.”
In base alla descrizione di Omero dell'arcipelago in cui si perse l'eroe troiano, sembra che l'isola di Ogigia possa essere proprio l'odierna Meleda. Infatti, la nostra isola di Meleda nel Mar Adriatico è l'unica isola con una vera e propria foresta, cui bellissimi boschi sono tra i boschi meglio conservati dell'Adriatico.

Così le tracce leggendarie dell'isola di Meleda risalgono ai tempi lontani ellenici, tempi di eroi e miti... Molti ricercatori ancor'oggi ritengono che l'immortale Omero nella sua descrizione dell'isola della ninfa Calipso descriveva proprio Meleda. Perciò oggi solo un visitatore romantico ricorderà che su quest'isola antica 3000 anni fa soggiornava Ulisse sotto il dominio della ninfa Calipso. E poi, forse ancor'oggi qualche turista o avventuriero moderno, proprio come Ulisse molti secoli fa, potrebbe smarrirsi sull'isola con la sua nave, e affascinato da insenature, spiagge e laghi bellissimi, al tramonto del sole in qualche turista illuminata dai raggi gialli dorati del sole riconosce la ninfa Calipso.

MELEDA – L’ISOLA DI SAN PAOLO

Secondo la tradizione, cercando di salvarsi da una tempesta e dal naufragio, san Paolo con la sua nave s'incagliò dalla parte sudorientale dell'isola di Meleda. Nel campo Žara vicino al paese Korita una parte dell'isola ancor'oggi viene chiamata dal popolo Crkva o Crkvina (chiesa), e secondo una credenza popolare, questa zona è dai tempi antichi la zona in cui si trovava la chiesa di san Paolo. I vecchi abitanti di Meleda dicono che la chiesa fu innalzata in onore dell'apostolo Paolo, che dopo un naufragio, nell'anno 61 d.C. per tre mesi soggiornava sull'isola di Meleda.

“L'isola di Meleda è un piccolo paradiso verde, una vera e propria grazia circondata dalla pace e tranquillità. Le spiagge sono orlate da una sabbia fine, come le lagune tropicali, e i pini eleganti e i fiori di campo, pieni di gioia e sole, scendono verso i bordi del mare e dei laghi.” (Cecillia Irving, pubblicista inglese).

Descrivendo il suo viaggio leggendario da Gerusalemme a Roma, san Paolo apostolo parla di un'orribile burrasca la quale quasi li affondò nell'Adria (cioè nel Mar Adriatico). I navigatori trovarono la salvezza dal naufragio su un’isola inabitata, boscosa e sconosciuta piena di vipere, di cui una, secondo la leggenda, morse san Paolo alla mano, ma lui la gettò nel fuoco... “Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava Melita. Gli abitanti ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e lo gettava sul fuoco, una vipera saltò fuori a causa del calore e lo morse a una mano. Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli abitanti dicevano fra loro: “Certamente costui è un assassino perché, sebbene scampato dal mare, la dea della giustizia non lo ha lasciato vivere“. Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non patì alcun male. Quelli si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo ma, dopo avere molto atteso e vedendo che non gli succedeva nulla di straordinario, cambiarono parere e dicevano che egli era un dio...” (Atti degli Apostoli, capitoli 27 e 28). Secondo la tradizione, il mare gettò i naufragi su un piccolo scoglio, che da quel momento gli oriundi chiamarono lo scoglio di san Paolo.

Secondo i vecchi abitanti di Meleda, la chiesa fu innalzata in onore di san Paolo apostolo, che dopo il naufragio vi soggiornava per tre mesi. È da menzionare che, secondo i vecchi annali, nel Mediterraneo esistevano due isole con il nome di Melita, ovvero Malta, cioè l'odierna Meleda e Malta. Comunque, l'isola di Meleda è stata da sempre piena di vipere, mentre sull'isola di Malta le vipere non esistevano mai, per cui anche questo è una delle prove più attendibili che san Paolo soggiornava sull'isola di Meleda, e non sull'isola di Malta. Tale ipotesi fu sostenuta da più ricercatori, e più fervidamente dal benedettino Ignjat Đurđević, abate e poeta di Meleda, che nel Settecento pubblicò un importante studio sul viaggio di san Paolo. Non è da trascurare il fatto che san Paolo conosceva la geografia molto bene, e che descrisse il suo naufragio che avvenne nell'Adriatico. Anche nella Lettera ai Romani indica che durante i suoi viaggi visitò l'Illirico, e dato che i suoi itinerari, come anche la sua biografia, sono stati descritti minuziosamente, questo può significare solo una cosa, cioè che tale naufragio è accaduto sull'isola di Meleda. Per questo la scienza forse dovrebbe correggere questa fallacia storica su Malta come isola di san Paolo.

I pirati illirici – La leggenda della regina Teuta
Gli agricoltori, i cacciatori e gli allevatori di bestiame illirici andarono a popolare l'isola di Meleda trasferendosi da Sabbioncello e dalla valle di Narenta nel corso del 2° secolo a.C. Vi lasciarono i numerosi mucchi di pietre – i resti delle fortezze, delle tombe e delle abitazioni – che vi rimasero fino ad oggi come testimoni muti di quell'epoca. Le tracce di insediamenti illirici, i tumuli e gli argini, risalenti al periodo anteriore all'epoca greca, furono scoperti nella zona attorno al campo Pomijent vicino al Grande Lago. In queste rovine antiche sparse lungo tutta l'isola furono trovati i piccoli ornamenti di bronzo appartenenti alle collezioni di gioielli di proprietà privata, nonché vari oggetti come orecchini, anelli...
I resti meglio conservati di tali fortezze, i cosiddetti gradaci, si possono ancora trovare sul monte Veliki Gradac al di sopra del Grande Lago e sulla collina Gradac sopra la sorgente Vodice vicino a Babino polje. Le tribù illiriche di Meleda costruivano le loro abitazioni sulle colline per motivi di difesa e sicurezza, e tali abitazioni furono costruite di muri di cinta in forma di circoli irregolari che si chiudevano verso l'interno come una forma di labirinti primitivi.
Secondo una leggenda, queste città insolite e abbandonate degli Illiri sull'isola di Meleda, conosciuti con il nome di gradaci, una volta appartenevano alla tribù scomparsa e misteriosa di Roguđani, che viene menzionato anche dall'imperatore dotto di Bisanzio Costantino Porfirogenito nella sua celebre opera De administrando imperio, scritta nel corso del X° secolo. Duecentotrenta anni avanti Cristo l'Illirico alla vetta del suo potere fu governato dalla regina Teuta, figlia dell'orgoglioso e dimenticato popolo illirico. L'isola di Meleda, situata nella zona centrale dell'Illirico, fu spesso visitato dalla regina giovane e bella, alla quale rappresentava una residenza di campagna preferita, mentre la sua flotta e le navi pirata si ancoravano spesso nell'insenatura nascosta e protetta di Polače. Insieme al suo marito Agrone, la regina dagli occhi dorati spesso veniva dalla città reale Risano delle Bocche di Cattaro a visitare “l'isola magica” della quale fu innamorata. Anche il re Agrone da giovane spesso frequentava Melita per la caccia fruttuosa nei suoi boschi magici, come anche per la pesca nelle lagune, e sull'isolotto in mezzo al Lago costruì una piccola casa dove godeva nelle giornate di riposo, rilasso e ozio.
Dopo la morte del re, Teuta visse un'altra storia d'amore durante gli incontri segreti con il suo amante, greco Demetrio di Faro. Poco dopo la partenza da Melita (proprio nel periodo in cui la flotta di Teuta invadeva Lissa), i frequenti atti di pirateria degli Illiri e gli attacchi alle navi romane nell'Adriatico causarono un litigio, il che portò alla guerra con i Romani (229 a.C.). Comunque, dopo la sconfitta, l’orgogliosa regina si ritira nella fortificazione di Risano, dopo aver accettato le condizioni sfavorevoli della pace con i Romani, “pax romana”, le quali prevedevano il pagamento delle tasse, le restrizioni nella circolazione delle navi da guerra illiriche e la perdita di una parte significativa del territorio. Così l'Illirico diventa soggetto ai ”padroni del mondo”.
Dal grande Regno Illirico lo stato di Teuta fu ridotto a un territorio che si estendeva dall'odierna Ragusa fino alla foce del fiume Drim. Dopo tutti questi avvenimenti, il destino della “regina dei pirati” fu tragico, perché dopo un po' di tempo lei scomparse per sempre, smarrita nel tempo passato.
Anche nell'epoca romana gli abitanti di Meleda causarono grandi problemi ai Romani con i  frequenti attacchi contro le navi mercantili con le loro navi piccole e veloci, i cosiddetti lembi, che intercettavano le navi romane piene di anfore contenenti vino, olio, grano e miele. Gli abitanti di Meleda godevano di una posizione molto favorevole per le scorrerie dei pirati.

In quell'occasione fu distrutto il centro dei pirati Melitusa (Polače), che durante il governo dei Romani diventa la sede del loro governatore (prefetto), cioè il luogo più importante dell'isola.


Antun Tonko Vojvoda

naziv knjige: Mljet-Odisejev otok

- VIŠE

 

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